IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sui   ricorsi   proposti
 rispettivamente da:
      ricorso n. 1143/89: la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona
 del  presidente  della  giunta  regionale  in carica, rappresentata e
 difesa ex lege dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso  i  cui
 uffici domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, contro Zanin
 Quinto   (appellante   incidentale),  rappresentato  e  difeso  dagli
 avvocati A. Giuffrida e R. Ricci, elettivamente domiciliato presso lo
 studio di  quest'ultimo  in  Roma,  via  Nicotera,  29,  nonche'  nei
 confronti  di  Biasiutti  Mariangela  e Dellisanti Luciano, n.c., per
 l'annullamento della sentenza n. 55/89 del 9 febbraio 1989 del t.a.r.
 Friuli-Venezia Giulia, resa inter partes concernente concorso interno
 per 280 posti di consigliere;
      ricorso n. 1144/89: la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona
 del presidente della giunta  regionale  in  carica,  rappresentata  a
 difesa  ex  lege  dall'Avvocatura  generale dello Stato, presso i cui
 Uffici domicilia in Roma, alla via dei  Portoghesi  n.  12,  Giovedi'
 Anna,  Citta'  Gabriella,  Degiorgi Rossella, Concina Giulia, Focassi
 Laura,  Materozzoli   Graziella   e   Arman   Giancarlo   (appellanti
 incidentali), rappresentati e difesi dagli avvocati A. Giuffrida e F.
 Ricci,  presso  il cui studio sono domiciliati in Roma, via Nicotera,
 29, nonche' nei confronti di Buda Maria Grazia, Bernazza Ferruccio  e
 Salinetti  Luigi,  n.c., per l'annullamento della sentenza del t.a.r.
 del Friuli-Venezia Giulia n. 56/89 del 9 febbraio 1989, depositata il
 13 marzo 1989, resa inter partes;
      ricorso n. 1145/89: la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona
 del presidente della giunta  regionale  in  carica,  rappresentata  e
 difesa  ex  lege dall'Avvocatura generale dello Stato domicialiataria
 per legge in Roma, via dei Portoghesi n.  12,  contro  Gozzi  Giorgio
 (appellante  incidentale),  rappresentato  e difeso dagli avvocati A.
 Giuffrida e R. Ricci, ed elettivamente domiciliato presso il  secondo
 in  Roma,  via  Nicotera,  29, nonche' nei confronti di Oliva Angelo,
 n.c., per l'annullamento della sentenza del t.a.r. del Friuli-Venezia
 Giulia n. 57/89 del 9 febbraio 1989, depositata  il  13  marzo  1989,
 resa inter partes;
      ricorso n. 1146/89: la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona
 del   presidente   della  g.r.  in  carica,  rappresentata  e  difesa
 dall'Avvocatura generale dello Stato domiciliataria in Roma, via  dei
 Portoghesi   n.   12,  contro  Baruzzini  Lionello,  Zuiani  Guido  e
 Bellinetti Guido, rappresentati e difesi dagli avvocati C. Mussato  e
 N.  Paoletti  ed elettivamente domiciliati presso il secondo in Roma,
 via B.  Tortolini,  34,  nonche'  nei  confronti  di  Ariis  Augusto,
 Pescarolo   Alvise,   Dri   Giovanni   e  Lepre  Oscarre,  n.c.,  per
 l'annullamento della sentenza del  t.a.r.  Friuli-Venezia  Giulia  n.
 59/89  del  9  febbraio 1989, depositata il 13 marzo 1989, resa inter
 partes;
      ricorso n. 1147/89: la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona
 del   presidente   della  g.r.  in  carica,  rappresentata  e  difesa
 dall'Avvocatura generale dello Stato,  domiciliataria  per  legge  in
 Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro Donini Laura, Zuliani Candida,
 Menetto  Delia,  Zoli  Ardea,  Murri  Vanilla,  Ipavitz  Nadia, Pizzi
 Carmen, Comito Olga, Stok Ida, Lo Terzo Salvatore,  Cusina  Vincenzo,
 Urdich  Claudio,  Famiani  Silvana,  Martinuzzi Luigi, Fulvio Franco,
 Turchet   Oreste   e   Malalan   Ester   (appellanti    incidentali),
 rappresentati  e  difesi  dagli  avvocati  A.  Giuffrida  e R. Ricci,
 elettivamente domiciliati presso il secondo in Roma, via Nicotera 29,
 e contro Malalan Ester, rappresentata e difesa come da separato atto,
 dagli avvocati C. Mussato  e  Arcangelo  Giuffrida  ed  elettivamente
 domiciliata  in  Roma,  alla  via  B. Tortolini, 32, presso lo studio
 Paoletti, nonche' nei confronti di Peluso in Vigliani Anna Maria,  De
 Vora  Clara, Pavone Giuseppe, n.c., per l'annullamento della sentenza
 del t.a.r. del Friuli-Venezia Giulia n. 60/89 del  9  febbraio  1989,
 depositata il 13 marzo 1989, resa inter partes;
      ricorso n. 1148/89: la regione Friuli-Venezia Giulia, in persona
 del  presidente  della  giunta  regionale  in carica, rappresentata e
 difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge
 in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro Pegan Marina, n.c., nonche'
 nei confronti di Taddeo Vita, Antonini  Radin  Graziella  e  Veronese
 Domenico,  tutti  n.c.,  per l'annullamento della sentenza del t.a.r.
 del Friuli-Venezia Giulia n. 61/89 del 9 febbraio 1989, depositata il
 13 marzo 1989 resa inter partes;
      ricorso  n.  1295/89:  Nordio  Virgilio,   Melio   Urban,   Luis
 Francesco,  Medeot  Rodolfo,  Martina  Ave,  Vigone  Narcisa,  Barban
 Fulvia, Vidoni Marina, Pausa Celso, Micheli Dante,  Salinetti  Luigi,
 Buda  Mariagrazia,  De  Luca  Antonio,  Baldi  Edda,  Romano Rosetta,
 Chinelli Romano, Romano Stelio, Pagani Camillo, Galli Pietro,  Mania'
 Duilio,  Plet  Gualtiero, Montali Milena, Di Giovanni Vincenzo, Silli
 Benigno, Santagati Maria Isabella, Degrassi Vinicio, Domanini  Dario,
 Bernazza  Ferruccio,  Marangon  Rodolfo,  Destradi  Giorgio, Biasutti
 Mariangela, Tomasin Augusta, Sarrocchi Eugenio, Predonzan Sergio,  Di
 Natale  Antonino,  Bratti  Felice,  Ursella  Giampaolo, Seni Firmino,
 Gambo Leonardo, Pagano Aurora, Garbin Luigi, Vascotto Neri,  Michetti
 Guglielmo,   Segatto  Enzo,  Prat  Iogna  Narciso,  Manias  Severino,
 Lopreiato  Pietro,  Lovrich  Stelio,  Sardo  Laura,  Nordio  Claudio,
 Gregoris   Lino,  Maddaluno  Vincenzo,  Zacutta  Emanuela,  Tessarolo
 Giorgio, Comicioli Livio, Visentin Giuliana, Rinaldi Adriana, Cacchet
 Loris, Golob Silvano,  Tubetti  Gino,  Tomai  Elia,  Venier  Tiziano,
 Stavon  Laura,  Brancolini  Renato,  Giovannini  Bruno,  Tarlao Aldo,
 Savornian Renzo, Giordano Annamaria, Colussi Walter, Valenti  Ferraro
 Angela,  Andrighetti  Iogovaz  Vittoria, Calautti Rosalia, De Lorenzi
 Pier Giorgio, Furlani Mario,  Zipponi  Armando,  Geromel  Gianfranco,
 Zompicchiatti   Anna   Rosa,  D'Agostini  Anna,  Qualizza  Gabriella,
 Collavizza Costantino, Bello  Aldo,  Marinelli  Giancarlo,  Morandini
 Primo,  Cuttini  Pietro,  Galizza  Luciana,  Perabo' Bruna, De Paulis
 Angelo, Toniutti Adriano, Romanini  Adriano,  Venchiarutti  Giovanni,
 Valent  Maria  Teresa,  Clemente  Danilo, Palmisano Giuseppe, Versano
 Giulio, Zaccaria Silverio,  Chalvien  Lucia,  Lopez  Adriana,  Murgut
 Giorgio,  Micolini Sergio, Deluisa Stefano, Peris Anna, Sanzin Frida,
 Cottignoli Enrico, Bosio Franco,  Lippolis  Ines,  Facchini  Roberto,
 Postogna  Dario, Manzin Livio, tutti rappresentati e difesi dall'avv.
 Paolo  Picasso  con  studio  in  Trieste  alla via Coroneo n. 33, con
 domicilio eletto in Roma, presso la segreteria del Consiglio di Stato
 contro Giovedi' Anna, Citta' Gabriella,  Degiorgi  Rossella,  Concina
 Giulio,  Focassi  Laura,  Materozzoli  Graziella  e  Arman Giancarlo,
 rappresentati e difesi dagli avvocati A.  Giuffrida  e  R.  Ricci  ed
 elettivamente  domiciliati  presso  il secondo in Roma, via Nicotera,
 29; Bellinetti Guido, Baruzzi Lionello e Zuiani Guido, n.c.,  nonche'
 nei  confronti  della  regione Friuli-Venezia Giulia, rappresentata e
 difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in
 Roma, via dei Portoghesi, n. 12, per l'annullamento:
        a) della sentenza 13 marzo 1989 n. 56 del t.a.r.  del  Friuli-
 Venezia Giulia;
        b)  della  sentenza 13 marzo 1989 n. 59 del t.a.r. del Friuli-
 Venezia Giulia;
      ricorso n.  1296/89:  Angelini  Guido,  Toscan  Giuseppe,  Radin
 Oliviero,  Ceschiutti  Giancarlo, Del Piero Aldo, Milita Enzo, Licari
 Luigi, Fullin Bruno,  Martellos  Alberto,  Bianchin  Sergio,  Cociani
 Vittorino,  Olivo Lucio, Bertossio Silvano, Pecchiari Sergio, Rinaldi
 Villiam,  Sussi  Silvano,  Bainat  Marzio,  rappresentati  e   difesi
 dall'avv. Paolo Picasso con studio in Trieste alla via Coroneo n. 33,
 con  domicilio  eletto in Roma, presso la segreteria del Consiglio di
 Stato, contro Gozzi Giorgio, rappresentato e  difeso  dagli  avvocati
 Arcangelo  Giuffrida  e  Rinaldo  Ricci  ed elettivamente domiciliati
 presso il primo in Roma, via Nicotera, 29; Bellinetti Guido,  Baruzzi
 Lionello  e  Zuliani Guido, n.c., nonche' nei confronti della regione
 Friuli-Venezia  Giulia,  rappresentata   e   difesa   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato  domiciliataria  per  legge  in  Roma, via dei
 Portoghesi n. 12, per l'annullamento:
        a)  della  sentenza  13  marzo  1989,  n.  57,  del  tribunale
 amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia;
        b)  della  sentenza  13  marzo  1989,  n.  59,  del  tribunale
 amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia;
      ricorso n. 1297/89: Fontanini Roberto, Marfon Umberto,  Veronese
 Domenico,  Vodopivech  Teresa,  Maresia Renata, Valent Elda, Agarinis
 Giuseppe, Pellizzari Brunetto, Fernetti Redenta, Antonini  Graziella,
 Antonino   Piccini,  Moro  Maria,  Scabar  Nerina,  Zarabara  Renato,
 Ferrante  Zay  Maria,  Fernetti  Annunziata,  Fortuni  Silvio,  Rizzi
 Giuseppe,  Slobe  Sergio,  Ceresa  Bruno, Ricci Cochel Serena, Peluso
 Vigliani Annamaria, Furlan Guido, De Vora Clara, Luchi Mario, Cadelli
 Liliana,  Foschini  Silvano,  Nellina  Termini  Romano,  Bean  Maria,
 Pugliese   Livio,   Ceccarelli  Marina,  Leghissa  Mariarosa,  Centis
 Mariella, Centis Mariella, Calzolari  Anna  Maria,  Loik  Enrichetta,
 Bartoli  Tullio,  Cociancich  Frau  Liliana,  Steffe  Maria, Costanza
 Renata, Pesaro Nerina, Lauro  Pompilio,  Virilli  Franco,  Tanzarella
 Gilormina,  Teris  Vida,  Collavini  Paolo,  Volponi Marcello, Sanier
 Aduino, Panoletti Giuliana, Venchiarotti Ugo, Tomasi  Serena,  Pavone
 Giuseppe,  Bortolus  Gabriella,  Comuzzo  Ennio,  Muggia Mariagrazia,
 Cetin Francesco, rappresentati e difesi dall'avv. Paolo  Picasso  con
 studio  in  Trieste  alla  via Coroneo n. 33, con domicilio eletto in
 Roma, presso la segreteria del  Consiglio  di  Stato,  contro  Donini
 Laura,  Zuliana  Candida,  Menetto  Delia, Zoli Ardea, Murri Vanilla,
 Ipavitz  Nadia,  Pizzi  Carmen,  Comito  Olga,  Stok  Ida,  Lo  Terzo
 Salvatore,   Cusina   Vincenzo,  Urdich  Claudio,  Farmiani  Silvana,
 Martinuzzi Luigi, Fulvio  Franco,  Turchet  Oreste,  rappresentati  e
 difesi   dagli   avv.ti   Arcangelo  Giuffrida  e  Rinaldo  Ricci  ed
 elettivamente domiciliati presso il secondo in  Roma,  via  Nicotera,
 29;  Pegan  Marina, n.c.; Bellinetti Guido, Baruzzi Lionello e Zuiani
 Guido, n.c.,  nonche'  nei  confronti  della  regione  Friuli-Venezia
 Giulia,  rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato,
 domiciliataria per legge in Roma, via  dei  Portoghesi,  n.  12,  per
 l'annullamento  della  sentenza  13  marzo  1989, n. 60 del tribunale
 amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia; della sentenza 13
 marzo 1989 n. 61 del tribunale amministrativo regionale  del  Friuli-
 Venezia  Giulia;  della  sentenza 13 marzo 1989, n. 59, del tribunale
 amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia;
      ricorso n. 1225/89: da Renato Fusco, D'Achille  Italo,  Bertolgo
 Giancarlo,  Ghidini  Mario,  Giorgio Franco Bernetti, Bruno Petracco,
 Maria Luisa Codignotto Zurich, Claudio Calabdra di Roccolino, Fantina
 Giuseppe, Ortez Adeodato, Salatei  Lucia,  Zudetich  Bruno,  Cimadori
 Sergio,  Claudio  Turolo,  Zotta Paolo, Walter Giorgio, Medeot Maria,
 Italo Paolo Moro, Salvatore Averna, Gottardis Livio,  Zamparo  Lauro,
 Franco  Bros,  Luciana  Marioni  Bros,  Rigonat  Giuliano, Tallandini
 Vittorio, Culot Flavio, Silvini Giorgio, Polpatelli  Paolo,  Giuseppe
 Brodnik,  Macor  Antonio,  Molea  Niccolo',  Serena  Stulle  Da  Ros,
 Gualtiero Lonzar, Faifer Olivio, Grazioli Aldo, Citter Mario, Pasquin
 Vittorio, Svara Claudio, Giudice  Michele,  Marinig  Danilo,  Luciana
 Machan  in  Allioni,  Allioni  Michelangelo, Sandro Baldo', Ceccaroni
 Maurizio, Volpi  Guglielmo,  Rumor  Roberto,  Sisgoreo  Tullio,  Rago
 Fabio,  Derni  Guido, Ramponi Maria, Colonnello Gianfranco, Blancuzzi
 Vittorio, Pinat Livio, Cossu Claudio, Barbara Canciani,  Livia  Visal
 Albrizio,  Dora  Dobravec  Bajt, Licio Laurino, Renato Osgnach, Yamil
 Youssef,  Severino  Baf,  Umberto  Zocchi,  Eugenio  Rosmann,   Adele
 Cosenza,   Laura   Ban   Volpe,  Maria  Luisa  Frandolig,  Margherita
 Donnarumma,  Bruno  Franich,  Giovanni   Mazzolini,   Fabio   Carlin,
 Gabriella Zicari, Leonardo Damico, Musi Franco, Pietro Luigi Bortolo,
 Piero  Perini,  Giorgio Tessarolo, Berto Carlina, Giovanni Gianesini,
 Gianfranco Dandri,  Franco  Scubogna,  Lia  Brautti,  Maria  Taccheo,
 Francesco  Del  Zan,  Carlo  Venica, Giancarlo Pocecco, Aldo Odorico,
 Mario Santarossa, Odino Orsaria, Graziella  Berto,  Vittorio  Zollia,
 Giannino Ciuffarin, Aldo Gus, Lucio Saccari, Renato Romano, Giancarlo
 Toffoletti,  Italo  Gallaverna,  Renzo  Salustri,  Enrico  Marinelli,
 Giuseppe Luigi Franchi, Giorgio Drabeni, Piero  Pellizzari,  Giuseppe
 Capurso,  tutti  rappresentati  e  difesi dall'avv. Paolo Picasso con
 studio in Trieste, alla via Coroneo n. 33, con  domicilio  eletto  in
 Roma,  presso  la  segreteria  del  Consiglio  di Stato, contro Zanin
 Anita, rappresentata e difesa dall'avv. A. Giuffrida e  R.  Ricci  ed
 elettivamente  domiciliata  in Roma, presso il secondo, via Nicotera,
 29; Bellinetti  Guido,  Baruzzini  Lionello  e  Zuiani  Guido,  n.c.,
 nonche'  nei confronti della regione Friuli-Venezia Giulia, n.c., per
 l'annullamento della sentenza 13 marzo 1989,  n.  59,  del  tribunale
 amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti  gli  atti  di costituzione in giudizio degli appellati ed i
 relativi appelli incidentali, nonche' gli atti qualificati di  motivi
 aggiunti;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita  alla pubblica udienza del 10 dicembre 1991 la relazione del
 consigliere Patroni Griffi e uditi gli avvocati  Giuffrida,  Mussato,
 Picasso  e  Bruni (avv. Stato), ciascuno per le parti rispettivamente
 rappresentate;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    1. - In attuazione delle leggi regionali 31 agosto 1981, n.  53  e
 14  giugno  1983,  n.  54,  la  regione Friuli-Venezia Giulia bandiva
 alcuni  concorsi  interni  per   l'accesso   ai   livelli   superiori
 dell'ordinamento regionale, riservati ai propri dipendenti.
    Espletata  la  procedura  concorsuale  - previa specificazione dei
 criteri generali di valutazione dei titoli con d.p.g.r. 29  settembre
 1983,   n.   566   -   venivano   approvate,   con  distinti  decreti
 presidenziali, le relative graduatorie.
    I dipendenti  non  utilmente  collocati  nelle  dette  graduatorie
 adivano,  con ricorsi distinti, il tribunale amministrativo regionale
 per il Friuli, il quale, con sentenze di pari data 13 marzo 1989, nn.
 55, 56, 59, 60 e 61, ha accolto  i  ricorsi  e  ha  annullato  sia  i
 decreti  di  approvazione  delle  singole  graduatorie, sia il citato
 regolamento concorsuale approvato con d.p.g.r. n. 566/1983.
    Il primo giudice -  con  riguardo  particolare  alla  composizione
 della  commissione  giudicatrice  del  concorso, costituita, ai sensi
 dell'art. 24, quinto comma, della l.r. n. 54/1983, dal  consiglio  di
 amministrazione  dell'ente  -  ha rilevato che, dovendosi applicare i
 principi  generali  in  materia  di  commissioni  di   concorso,   la
 commissione  medesima,  pur  avendo  correttamente  operato, in forza
 dell'istituto della prorogatio, dopo la scadenza del mandato di parte
 dei   componenti   il   consiglio    di    amministrazione,    doveva
 necessariamente  agire  quale  collegio  perfetto. Con la conseguenza
 della  illegittimita'  dell'attivita'  svolta  con   un   numero   di
 componenti inferiore al plenum e, in particolare, della deliberazione
 del 13 settembre 1984.
    Con   riguardo  specifico  all'annullamento  del  regolamento  dei
 concorsi,   poi,   il   tribunale   amministrativo   -   dopo   avere
 dettagliatamente  richiamata  la  complessa  procedura concorsuale di
 valutazione dei titoli ed avere  esemplificativamente  dimostrato  le
 conseguenze  cui essa puo' dar luogo - ha sottolineato come la totale
 mancanza di criteri di valutazione dotati di un apprezzabile grado di
 oggettivita' (basti pensare  alla  possibilita'  di  attribuire,  nel
 contesto  del medesimo giudizio, tre punteggi tra loro diversificati,
 e all'ipervalutazione, nell'ambito dei titoli, di una  relazione  del
 direttore)  denoti  la  rimessione  del  giudizio concorsuale al mero
 arbitrio dell'amministrazione e concreti pertanto il dedotto vizio di
 eccesso di potere.
    Avverso le sentenze di primo grado hanno interposto  gravame,  con
 distinti  atti di appello, l'Amministrazione regionale e i dipendenti
 vincitori dei concorsi.
    Gli appellanti,  tra  l'altro,  contestano  che  il  consiglio  di
 amministrazione  dovesse  operare come collegio perfetto, sia perche'
 nella specie  trattavasi  di  concorso  interno  per  titoli  la  cui
 procedura sarebbe assimilabile, in linea di principio, a quella delle
 promozioni  per  merito comparativo; sia perche' il doveroso rispetto
 delle cause di astensione e di incompatibilita' consentiva e imponeva
 che il consiglio  di  amministrazione  non  operasse  sempre  con  la
 totalita' dei suoi componenti.
    Resistono,  con  memoria  e  atto  di  "appello  incidentale", gli
 originari ricorrenti, i quali, successivamente alla costituzione  nel
 presente  grado, hanno, altresi', presentato e poi notificato un atto
 qualificato "ricorso per motivi aggiunti", nel quale  si  dolgono  di
 quanto  disposto  con  d.p.g.r.  15 marzo 1990, n. 107, in attuazione
 della legge regionale 7 marzo 1990, n. 11, in ordine al  mantenimento
 dei   vincitori   dei   concorsi  nella  posizione  di  inquadramento
 conseguita all'esito del concorso poi annullato e, per converso, alla
 semplice  riserva  di  dare  esecuzione  in  favore  degli  originari
 ricorrenti alle decisioni assunte in sede giurisdizionale.
    All'udienza  di  discussione  del  10  dicembre 1991 gli appellati
 hanno  "chiesto  termine"   per   consentire   agli   appellanti   di
 controdedurre all'atto qualificato di "ricorso per motivi aggiunti".
    Non  avendo gli appellanti aderito a tale richiesta, le cause sono
 state trattenute in decisione.
   2.  -  Con  separata  coeva  decisione  parziale,  la  sezione   ha
 preliminarmente  dichiarato  inammissibile  il  "ricorso  per  motivi
 aggiunti", perche' proposto per la  prima  volta  in  appello  e  per
 giunta  avverso provvedimento non impugnato in primo grado e adottato
 in  data  successiva  alla  sentenza  del  tribunale  amministrativo.
 Provvedimento  essenzialmente  applicativo  dell'art.  25 della legge
 regionale  n.  11/1990,  la  quale  dispone  il  mantenimento   nella
 posizione   acquisita  dai  dipendenti  vincitori  del  concorso  poi
 annullato dal tribunale amministrativo.
    La sezione ha al riguardo osservato che puo' forse convenirsi  con
 gli   appellati   in   ordine  alla  individuazione  delle  finalita'
 perseguite  dal  legislatore  regionale  -  ridimensionate  in   sede
 applicativa,  con  il  decreto  presidenziale n. 107/1990, al fine di
 tentare di evitare che gli odierni  appellati,  ove  la  sentenza  di
 primo  grado  trovasse  conferma,  possano rivestire una posizione di
 controinteresse  che  li  legittimi  alla  impugnazione,  nella  sede
 propria   di  primo  grado,  di  quel  decreto  -  nella  sostanziale
 vanificazione della pronuncia del tribunale  amministrativo  nonche',
 per quanto riguarda il terzo comma dell'art. 25 della detta legge, di
 quanto presupposto nella decisione della sezione n. 923/1991 circa la
 legittimita'   della  partecipazione  ai  concorsi  in  questione  di
 dipendente in aspettativa politica perche' consigliere regionale.
    La sezione ha  peraltro  rilevato  che  la  dedotta  questione  di
 incostituzionalita' non e' rilevante nel presente giudizio, attenendo
 ad  atto  amministrativo  estraneo all'originaria impugnazione. Cosi'
 come ogni questione attinente al  giudizio  oramai  concluso  con  la
 citata  decisione  n.  923/1991  potra'  essere  valutata  solo nelle
 competenti sedi istituzionali, quanto  meno  in  quelle  deputate  al
 controllo sull'attivita' legislativa e amministrativa della regione.
    La  sezione,  nella  detta decisione parziale, ha altresi' escluso
 che il richiamato provvedimento regionale sia idoneo a determinare la
 cessazione  della  materia  del   contendere   o   altra   forma   di
 improcedibilita'  dei ricorsi originari o degli appelli e ha respinto
 le  eccezioni  di  tardivita'  e  di  inammissibilita'  dei   ricorsi
 originari, riproposte dagli appellanti.
                             D I R I T T O
    1.  -  La  decisione  parziale  coeva,  con la quale la sezione ha
 risolto alcune questioni  pregiudiziali,  consente  di  esaminare  il
 merito di ricorso.
    Va  ricordato,  al  riguardo,  che  il  tribunale  amministrativo,
 nell'accogliere la censura  attinente  al  mancato  funzionamento  in
 concreto  della  commissione giudicatrice quale collegio perfetto, ha
 ritenuto che il vizio risieda  nell'attivita'  amministrativa  e  non
 nella   previsione   legislativa   che  individua  nel  consiglio  di
 amministrazione dell'ente la commissione giudicatrice del concorso.
    La sezione, peraltro, ritiene che tale  ordine  di  idee  non  sia
 condivisibile,  in  quanto - come si vedra' - e' la stessa previsione
 normativa  primaria,  cui  l'amministrazione  si  e'  sostanzialmente
 attenuta  in  sede  applicativa  -  a  determinare quelle conseguenze
 nell'attivita' amministrativa ritenute illegittime dal primo giudice.
    L'art. 24, terzo comma, della legge regionale 14 giugno  1983,  n.
 54  -  che  prevede  l'espletamento  di  concorsi interni per titoli,
 riservati al personale in servizio,  per  l'accesso  alle  qualifiche
 superiori,  rispetto  a  quella  rivestita, del nuovo ordinamento del
 personale - dispone espressamente che  "la  commissione  giudicatrice
 dei concorsi sara' costituita dal consiglio di amministrazione".
    In punto di fatto, va ricordato che, nella seduta del 13 settembre
 1984  (crf.,  processo  verbale  in  atti  n.  8/84), il consiglio di
 amministrazione, operante nella veste di commissione giudicatrice, si
 e' pronunciato senza la partecipazione di un componente,  assente,  e
 di  altri  sei  membri  che, per essere direttamente o indirettamente
 interessati al concorso in questione,  hanno  abbandonato  la  seduta
 ritenendosi (a ragione) in posizione di incompatibilita'.
    Il  consiglio  di  amministrazione  della  regione  Friuli-Venezia
 Giulia e' composto, ai sensi dell'art. 168 della legge  regionale  31
 agosto  1981,  n.  53,  dal  presidente  della  giunta regionale, dai
 segretari generali  della  giunta  e  del  Consiglio  regionale,  dal
 ragioniere  generale,  da  sei  dirigenti e da sei rappresentanti del
 personale. I detti componenti possono essere sostituiti con  appositi
 designati  e  per  la validita' delle deliberazioni e' sufficiente la
 maggioranza  dei  componenti  (qualificata  in  prima   convocazione,
 semplice in seconda convocazione).
    2.  -  Nel delineato sistema, la Sezione dubita della legittimita'
 costituzionale dell'art. 24, quinto comma, della l.r.  n.  54/1983  -
 che  conferisce  al  consiglio  di  amministrazione  le  funzioni  di
 commissione giudicatrice del concorso - con riferimento  all'art.  97
 (sotto il duplice profilo del buon andamento e dell'imparzialita' cui
 devono  essere  informati l'azione e l'organizzazione amministrativa,
 anche regionale) e all'art. 3 della Costituzione  (per  la  manifesta
 irragionevolezza  del  sistema adottato, che impone - come si dira' -
 alla commissione di scegliere tra l'impossibilita' di funzionamento e
 l'illegittimo funzionamento).
    E il denunciato profilo di incostituzionalita'  sembra  riguardare
 sia  l'operato della commissione giudicatrice in se' considerato, sia
 il riflesso che sulla posizione dei  dipendenti  che  partecipano  al
 concorso  deriva - anche in relazione all'art. 98, primo comma, della
 Costituzione - dall'assoggettamento dei medesimi al giudizio  di  una
 commissione   della   cui  imparzialita',  istituzionalmente,  sembra
 doversi dubitare.
    Valgono, al riguardo, le considerazioni che seguono.
    3.  -  Va  in  primo luogo sgomberato il campo dall'equivoco - che
 sembra annidato nelle difese degli appellanti - circa la  sostanziale
 riduzione  del  concorso  interno per titoli alla diversa fattispecie
 dello scrutinio per merito comparativo.
    Le funzioni amministrative -  e  anche  quella  di  organizzazione
 degli  uffici  e di provvista del relativo personale - sono governate
 dal principio di tipicita'.
    Le fattispecie del concorso interno per titoli e  dello  scrutinio
 per merito comparativo risultano, in tale ottica, due distinte proce-
 dure,  per  cio'  solo  non  assimilabili, previste e disciplinate da
 norme di legge ad hoc e governate  da  principi  e  da  modalita'  di
 svolgimento  del  tutto  diverse (conf. C.S., sezione quarta, dec. 12
 novembre 1991, n. 923, concernente la medesima vicenda concorsuale.
    E, nella specie, la  regione  Friuli  ha  inteso  avvalersi  della
 procedura concorsuale. Sicche' - secondo i principi - a tale concreto
 svolgersi dell'attivita' amministrativa va rapportato il sindacato di
 legittimita'.
    4.  -  La composizione della commissione giudicatrice del concorso
 sembra violare gli artt. 3 e 39 della Costituzione, in  primo  luogo,
 per  essere  esclusivamente  improntata  a  logiche di rappresentanza
 politico-burocratica o di interessi (rappresentanti  dei  lavoratori)
 senza  alcuna considerazione dell'esigenza di assicurare un minimo di
 competenze tecniche (cfr. Corte costituzionale 15  ottobre  1990,  n.
 453).
    Puo'  convenirsi  che, in un concorso interno per titoli - in cui,
 salva ogni valutazione in punto di legittimita',  venga  in  concreto
 attribuita  una  notevole  rilevanza  alla  posizione di servizio dei
 concorrenti - l'esigenza di una prevalenza della  componente  tecnica
 nelle  commissioni  giudicatrici puo' apparire meno cogente, rispetto
 ad altre forme di procedimenti concorsuali.
    Ma,  in  primo  luogo,  va  tenuto  in  debita  considerazione  il
 collegamento  tra  la  presenza  di  una  siffatta  componente  e  la
 salvaguardia del principio di imparzialita' (su cui  vd.  infra);  in
 secondo  luogo,  sembra  alla Sezione che, anche nelle commissioni di
 concorsi interni per soli titoli, debba essere assicurato quel minimo
 di competenza tecnica che  consenta  di  effettuare  una  valutazione
 oggettiva dei titoli dei candidati.
    Per  attenersi alla vicenda concorsuale in esame, sembra difficile
 che il consiglio di amministrazione della  regione,  nella  veste  di
 commissione    giudicatrice,   possa   verosimilmente   valutare   il
 "contributo  apprezzabile   alla   dottrina   ovvero   alla   pratica
 professionale"  fornito  da  pubblicazioni scientifiche o l'attinenza
 e/o omogeneita' di titoli di studio o di abilitazione "alle  mansioni
 proprie  del  profilo  cui  si  succede" (vd. alleg. B al d.p.g.r. 29
 settembre 1983, n. 0566). A nulla rilevando poi -  se  non  sotto  il
 profilo della dubbia legittimita' di parte dei criteri di valutazione
 - il basso punteggio attribuito ai titoli di tale natura.
    5. - Ma e' sotto il profilo della imparzialita' amministrativa (e,
 di   conseguenza,  del  buon  andamento  nonche',  per  l'evidenziato
 riflesso che ne deriva  sulla  posizione  dei  concorrenti,  gia'  in
 servizio,  in relazione all'art. 98, primo comma, della Costituzione)
 che la scelta legislativa suscita maggiori dubbi.
    E'  comunemente  accolta  la  considerazione  che  le  commissioni
 giudicatrici  dei concorsi sono organi chiamati a emettere giudizi di
 ordine oggettivo sulla preparazione dei candidati (quale si evinca da
 prove di esame o dalla  valutazione  di  titoli)  e  -  nei  concorsi
 interni   -   sulla   qualita'   del   servizio   dai  medesimi  reso
 nell'amministrazione.
    L'esigenza di imparzialita' - per la salvaguardia delle  legittime
 aspirazioni  dei concorrenti e del buon andamento dell'organizzazione
 amministrativa - e' dunque connaturale alla procedura  concorsuale  e
 impone  una  composizione  della commissione giudicatrice che, per la
 quanto  meno  prevalente  provenienza  dei  commissari  da   apparati
 estranei    all'amministrazione    procedente   e,   preferibilmente,
 caratterizzati - oltre che da una preparazione  tecnica  adeguata  da
 una  istituzionale  posizione di neutralita', sia idonea a soddisfare
 l'esigenza  di  terzieta'  dei  commissari,   e   della   commissione
 unitariamente  considerata, nei confronti degli aspiranti e, in certa
 misura, della stessa  amministrazione  che  ha  bandito  il  concorso
 (cfr.,   per   analogo   ordine  di  argomentazioni,  ma  riferito  a
 fattispecie diversa. Ad plen. 22 febbraio 1972, n. 2).
    Tali considerazioni  possono  trovare  un'attenuazione,  in  forza
 delle  peculiarita'  delle situazioni, in fattispecie determinate, in
 cui prevale ora il carattere fiduciario dei posti  messi  a  concorso
 (Corte  costituzionale  24  marzo  1988,  n. 331), ora il particolare
 sistema di nomina alla docenza universitaria (Corte costituzionale 24
 luglio 1972, n. 43 e 30 dicembre 1986, n. 620).
    Ma, in linea generale, i principi posti dall'art. 97 e  98,  primo
 comma,  della  Costituzione  sembrano  richiedere al legislatore, pur
 nella discrezionalita'  in  ordine  ai  sistemi  di  progressione  in
 carriera  da scegliere, di assicurare comunque l'imparzialita' di una
 congrua e oggettiva valutazione del concorrente (Corte costituzionale
 23 dicembre 1987, n. 603), onde "operare la scelta  dei  migliori  in
 numero   corrispondente   a  quello  dei  posti  disponibili"  (Corte
 costituzionale 30 dicembre 1986, n. 620).
    A  siffatto  criterio  non  sembra  corrispondere,  gia'  in   se'
 considerata,  una  previsione  normativa - come quella in esame - che
 individui nel consiglio di amministrazione dell'ente  la  commissione
 giudicatrice.
    E  i  dubbi  di  costituzionalita'  che  una  siffatta  previsione
 normativa inducono in astratto, risultano nella specie corroborati da
 una valutazione in concreto - da cui non  sembra  possa  prescindersi
 per  trarne  considerazioni  sul  modello organizzativo prescelto dal
 legislatore - dell'operato della commissione del concorso  in  esame,
 quale  si  evince  dalla lettura della deliberazione del 13 settembre
 1984.
    L'abbandono della seduta della commissione, di volta in volta,  da
 parte  di  componenti  direttamente o indirettamente interessati alla
 valutazione di una singola posizione sembra a dir poco affievolire la
 necessaria apparenza di imparzialita' dell'operato della commissione,
 atteso che quegli stessi componenti saranno poi chiamati  a  valutare
 la posizione concorsuale di altro componente, che li ha in precedenza
 valutati, il quale a sua volta abbandonera' la seduta.
    6.  - Le riferite circostanze - che non possono essere considerate
 alla stregua di un mero accidente di fatto essendo  connaturale  alla
 scelta  istituzionalmente  operata  dal legislatore di far gestire un
 concorso interno a un organismo  interno  all'ente  -  ingenerano  un
 ulteriore  dubbio  di  costituzionalita'  della  norma  di legge, con
 riferimento agli artt. 97  e  3,  quest'ultimo  riguardato  sotto  il
 profilo della manifesta irragionevolezza.
    Il  principio  secondo cui le commissioni di concorso operano come
 collegio perfetto - cioe' con la partecipazione di tutti i componenti
 - e' comunemente accolto nella giurisprudenza  amministrativa  (dalla
 quale  e'  stato  esteso  a tutti i tipi di commissioni giudicatrici:
 Cons. Stato, V, 13 marzo 1981, n. 83, IV, 20 febbraio 1989, n. 108  e
 VI  13 aprile 1991, n. 182 per le commissioni aggiudicatrici di gare;
 VI, 6 aprile 1987, n. 230, per una commissione  istituita  dall'Unire
 per  la graduazione di aspiranti a concessione; VI, 17 febbraio 1988,
 n. 189, per i consigli di classe -  si  badi  -  aventi  funzioni  di
 commissione   giudicatrice).   Esso   trova   riscontro  anche  nella
 giurisprudenza costituzionale (sentenza 30  dicembre  1986,  n.  620,
 cit.),  in  relazione  alle  procedure  concorsuali,  in  cui  devesi
 instaurare comparazione e graduazione tra gli aspiranti.
    Tale principio trova giustificazione nell'esigenza  -  che  sembra
 avere  valenza costituzionale in relazione agli indicati parametri di
 riferimento - di assicurare oggettivita', uniformita' e imparzialita'
 di giudizio, attraverso  la  non  mutevole  composizione  dell'organo
 deputato a rendere il giudizio.
    Orbene,  la  scelta  operata  dal legislatore della regione Friuli
 conduce a una alternativa  obbligata,  puntualmente  verificatasi  in
 concreto:  o  la  commissione  deve operare come collegio imperfetto,
 quanto meno per rispettare, se non altro formalmente,  le  regole  in
 tema   di  astensione  e  incompatibilita';  ovvero,  qualora  voglia
 rispettare le suddette regole, non puo' tecnicamente funzionare.
    E tale impossibilita' - che colora la norma regionale del rilevato
 sospetto di incostituzionalita', in  quanto  si  delinea  una  scelta
 obbligata   per   l'organo   amministrativo   tra   impossibilita'  e
 illegittimita' di funzionamento - e' da ritenere insita nella  scelta
 dal legislatore.
    Sembra  in  conclusione  alla  Sezione  che  possa dubitarsi della
 legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma quinto,  della  legge
 regionale Friuli 14 giugno 1983, n. 54, con riferimento agli artt. 3,
 97 e 98 della Costituzione.
    7.  -  La  questione  di  costituzionalita'  -  non manifestamente
 infondata - e' altresi' rilevante nel presente giudizio, in quanto  -
 essendo stato ritenuta, nella coeva decisione parziale della Sezione,
 l'ammissibilita'  e  la procedibilita' sia dei ricorsi di primo grado
 che degli appelli - l'eventuale dichiarazione di  incostituzionalita'
 travolgerebbe  l'intera  procedura  concorsuale,  atteso il carattere
 logicamente preliminare della  censura,  attinente  alla  commissione
 giudicatrice, denunciata e accolta dal tribunale amministrativo.
    Il presente giudizio deve essere pertanto sospeso e va disposta la
 rimessione degli atti alla Corte costituzionale.